Vipassana & Focusing
La meditazione Vipassana intende “realizzare” la realtà ultima e misteriosa di “Nibbana”, lo stato incondizionato di un Buddha che non è affetto da errori di Visione, non è più intrappolato dall’illusione di un “se” permanente e consistente, ed è uscito dal campo della sofferenza generata dall’attaccamento e dall’avversione verso oggetti mentali e materiali, percependone direttamente la “vacuità”.
Secondo la visione del Buddha, l’uomo “ignorante” (sì, parla proprio di noi) vive in uno stato molto lontano da questa “Realizzazione”1 ed è preda di una reale e perenne allucinazione che gli impedisce di rapportarsi alla “realtà” in modo adeguato.
Per uscire da questo stato condizionato e determinato, è necessario mettere personalmente e pienamente le mani dentro tutto il nostro contenuto psicofisico nei suoi vari strati, senza fare salti e senza dissociazioni patologiche “normali” o misticismi disadattanti.
E’ quindi fondamentale che le persone dispongano di tecniche di progressiva “crescita” personale che permetta loro di attraversare tutti gli strati di ignoranza inerenti ai diversi livelli in cui la coscienza è strutturata.
Questo è ancora un esercizio “mondano” ma è oltremodo importante anche per quanto attiene alla meditazione Vipassana, perché allena ad avere un retto ed equilibrato approccio alla stessa, permettendo ai meditatori di continuare a monitorare l’intenzione e l’attitudine con cui praticano e di non utilizzare la meditazione come via di fuga dalle difficoltà della quotidianità e non correre il rischio di ulteriori e sottili ingarbugliamenti nevrotici.
Una delle tecniche più efficaci (peraltro molto vicina e propedeutica alla meditazione Vipassana) che assolve a questo scopo, è quella del “Focusing”2 che lavora sul livello psicologico fra il corporeo ed il mentale.
A questo livello, la Consapevolezza viene sviluppata come una nuda presenza che permette ai contenuti psicofisici di emergere e di evidenziare la loro utilità generale alla attuale configurazione dell’individuo, esplicitando suggerimenti, e suscitando intuizioni profonde al livello della vita psichica, lasciando alla meditazione di Insight (Vipassana) l’obbiettivo di andare oltre, fino al campo che trascende la vita psicofisica stessa, cioè al campo trascendente e spirituale del Nibbana.
La tecnica del Focusing, a mio parere, è assolutamente importante sia per lo sviluppo psicologico convenzionale, sia per acquisire coscientemente e volontariamente le attitudini di accettazione e di equanimità che sono essenziali per una corretta meditazione di Insight o “Visione Profonda” (Vipassana).
La tecnica del Focusing è insegnabile (meglio dire “riattivabile”) in un brevissimo lasso di tempo con grandi benefici di riappacificazione interiore ed esteriore, creando il giusto “clima” per contatti più profondi coi contenuti dell’inconscio personale e collettivo.
Vipassana e Focusing sono distinti e complementari, rivolgendosi essi a livelli diversi della coscienza, creando un tutto armonioso e arricchito.
Il felt-sense sviluppato dal Focusing permette di praticare Vipassana con equilibrio e amorevolezza e non in modo duro, dissociato o dissociante.
La Vipassana invece, abilita a distinguere tra sensazioni primarie, il successivo felt-sense, e le verbalizzazioni concettuali, attraverso la cosiddetta “attenzione istantanea”. Lo sviluppo di questa capacità permette di percepire il felt-sense in modo sempre più acuto e continuo.
Vipassana o “Visione Profonda” non è, al di là di come viene solitamente illustrata, una meditazione “Samatha” o “di tranquillità”.
La meditazione Samatha raggruppa moltissime tecniche con varie e crescenti personalizzazioni creative e si distingue per il fatto che ha come oggetto di contemplazione “forme concettuali” (per es. suoni, pensieri, immagini, visualizzazioni…) sempre più “sottili”, permettendo di raggiugere stati di quiete e di serenità sempre più profondi (i cosiddetti “Janas”).
Vipassana invece, ha come specifico oggetto di contemplazione, la percezione sensoriale in se stessa, prima di avere preso una qualsiasi forma nella mente, al livello del contatto con uno qualsiasi dei 6 sensi (5 fisici + quello mentale), cogliendone il sorgere e il decadere nel medesimo istante in un flusso continuo così veloce, da avere la sensazione della permanenza e della consistenza degli oggetti e di un “io”.
La sensazione in se stessa è un flusso percettivo insoddisfacente e vuoto che si dissipa nella vacuità del momento presente, mentre nello sfondo la “Presenza” fa sentire il suo “sapore” di “…?” e… sostiene la pratica.
Il Focusing invece ha come oggetto di attenzione, la formazione e l’elaborazione del “felt-sense” che si genera appena dopo la percezione sensoriale ma anch’esso prima della generazione di qualsiasi simbolo o parola che la indichi, così da poterla poi rappresentare mentalmente in modi nuovi e freschi.
Quando si ha il “felt-sense”, c’è lo spazio per distinguere qualcosa dell’enorme complessità implicita e implicata nella generazione del vissuto personale e questo processo viene vissuto con gioia e senso di libertà dal corpo intero.
Vipassana e Focusing lavorano su 2 livelli diversi della struttura della “coscienza” in reciproco arricchimento.
Se il Focusing è abbinato alla Vipassana nel percorso di autosviluppo personale (naturalmente senza mischiarli, ma praticandoli in tempi necessariamente diversi e tenendoli ben distinti in modo da preservare la purezza di entrambi), le due tecniche formano un connubio di impressionante efficacia che si aiutano reciprocamente. Il Focusing diventa molto più facile da apprendere e viceversa anche la Vipassana ne trova enorme giovamento.
Per questo motivo l’associazione Centro Ricerca Visione Profonda che diffonde la Vipassana come sua specifica vocazione nativa, diffonde con grande entusiasmo anche la tecnica del Focusing come supporto alla consapevolezza, diciamo, “normale” senza la quale non si va da nessuna parte, ne tantomeno nei reami più alti della coscienza, posto che si voglia farlo senza pericoli e squilibri da cui ci si è inconsciamente dissociati.
4 giugno 2013
Edoardo Parisi
1) Il termine “Realizzazione” non è qui usato a caso e non è sostituibile con “comprensione” così come usato comunemente. Con “realizzazione” intendo una comprensione non solo intellettuale ma anche e soprattutto “esperienziale”. E’ la differenza che un botanico che studia le mele comprende benissimo, se di mele ne ha mangiate tante, una sola o nessuna. E’ la differenza che un sognatore percepisce quando si sveglia dal sogno e guarda in retrospettiva al sogno stesso. Termini simili a “Realizzazione” sono “Risveglio”, o “Illuminazione” (si getta della luce su..) o “Liberazione” (… dai condizionamenti allucinatori).
2) vedi anche il sito www.focusing.org per dettagli esaustivi.