Che cosa è il Buddhismo 1

Che cosa è il Buddhismo – Prima conferenza (23 Settembre 1951)

Considero sia un grande privilegio per me essere tra di voi oggi ed avere l’opportunità di parlarvi di Che cosa è il Buddhismo. Come prima cosa voglio essere molto franco. Non ho mai frequentato alcuna università e la mia conoscenza scientifica è quella di una persona qualsiasi. Non sono uno studioso di teoria del Buddhismo, nè conosco il Pªii, la lingua in cui sono tramandati i Tipiîaka (letteralmente i Tre Recipienti del Buddha Dhamma). Posso comunque dire di aver letto in Birmano un certo numero di trattati sul Buddhismo scritti da ben noti e sapienti monaci Buddhisti.

Poichè il mio approccio al Buddhismo si fonda su mezzi più pratici che teorici, spero di potervi offrire qualcosa che non è facilmente reperibile altrove. Devo ammettere comunque che, per il momento, mi considero semplicemente uno studente del Buddhismo, che tramite l’esperienza pratica sta cercando di apprendere la verità sulla natura delle energie. E dato che devo fare tutto ciò quando i miei impegni di padre di famiglia e di funzionario governativo me lo permettono, il mio progresso è alquanto lento e non pretendo per un momento che tutto ciò che dico sia assolutamente corretto, potrei aver ragione o sbagliarmi. Ma vi assicuro che tutto ciò che dico è ispirato da una completa sincerità di intenti, e lo dico con le migliori intenzioni e con assoluta convinzione. Nel Kªlªma Sutta il Buddha disse: Non credete in ciò che avete udito, non credete in ciò che è stato tramandato come tradizione di generazione in generazione, non credete in qualcosa solo perchè molti ne parlano, non credete solo perchè vi viene presentato uno scritto di un antico saggio, non credete in ipotesi, non credete che sia Verità ciò a cui siete attaccati per forza di abitudine, non credete semplicemente all’autorità dei vostri maestri e anziani. Ma se dopo un’attenta analisi e osservazione, vi convincete che qualcosa è in accordo con la vostra ragione e porta al benessere per tutti e va a beneficio di tutti, allora accettate questa idea e comportatevi di conseguenza. Per cui vi prego di non credermi quando parlo di questioni filosofiche a meno che non vi siate convinti di ciò che dico o tramite un ragionamento logico o tramite la vostra esperienza personale.

Astenersi dal male.
Fare del bene.
Purificare la mente.
Questi sono gli Insegnamenti di tutti i Buddha.

Dhammapada verso 14

Questo insegnamento tratto dal Dhammapada offre concisamente l’essenza del Buddhismo in maniera molto concisa. Sembra semplice, ma è così difficile da mettere in pratica. Non si può essere veri Buddhisti se non si mette in pratica l’Insegnamento del Buddha. Il Buddha disse: Voi, a cui sono state esposte le verità che io stesso ho sperimentato, fatele realmente vostre, mettetele in pratica, meditateci sopra e diffondetele, affinchè questa pura dottrina possa durare a lungo e possa essere tramandata per il bene, il profitto e il benessere di dei e uomini. Prima di cominciare ad esporre gli Insegnamenti del Buddha, che formano la base del Buddhismo, propongo di cominciare con la storia della vita del Buddha Gotama. A questo proposito, penso sia mia dovere darvi un’esposizione di alcuni concetti del Buddhismo che potrebbero essere inusuali per voi, per quanto riguarda la concezione Buddhista dell’Universo, del mondo e dei vari piani di esistenza. Certamente troverete che questi sono argomenti che fanno pensare. Vi prego comunque di ascoltarmi con pazienza e, per le vostre domande, di aspettare fino al momento della discussione.

L’Universo

Il concetto Buddhista di Universo può essere riassunto come segue: Vi è il Okªsa Loka (l’Universo dello Spazio), che contiene Nªma e Rûpa (mente e materia). In questo universo mondano, predominano Nªma e Rûpa che sono soggetti alla legge di Causa ed Effetto. Vi è poi il Saókhªra Loka (l’Universo delle Energie Mentali), creato e creatore. Questo è un piano mentale, che nasce come risultato delle energie creative della mente espresse attraverso azioni di tre tipi, fisico, verbale e mentale.

Il terzo e ultimo Universo è il Satta Loka (l’Universo degli Esseri Senzienti), visibili e invisibili, questi esseri sono il risultato di queste energie mentali. Sarebbe forse meglio chiamarli i tre Universi in Uno, poichè ognuno è inseparabile dagli altri. Essi si intrecciano e si compenetrano a vicenda. Ciò che vi interesserà di più sono i Cakkavªla o Sistemi Mondani, ognuno con i suoi trentuno piani di esistenza. Ogni sistema mondano corrisponde al Mondo Umano con il suo sistema solare e gli altri piani di esistenza. Esistono milioni e milioni di questi Sistemi Mondani, il loro numero è incalcolabile. I diecimila Sistemi più vicini al nostro sono all’interno del cosiddetto Jªti-khetta (campo di Origine) di un Buddha. Infatti, quando il Buddha pronunciò il famoso discorso detto Mahª-Samaya (che significa la Grande Occasione) nella foresta di Mahªvana, vicino alla città di Kapilavatthu, presenti ad ascoltare gli Insegnamenti del Buddha non c’erano solo i Brahmª e i Deva del nostro Sistema Mondano, ma anche quelli di tutti i diecimila Sistemi (del nostro campo di Origine).

Il Buddha può inviare le sue energie mentali, cariche di infinito amore e compassione, verso gli esseri senzienti di miliardi di questi Sistemi all’interno del cosiddetto Åôª-khetta (campo di Influenza). I rimanenti Sistemi rimangono nel Visaya-khetta (spazio infinito), fuori dalla portata delle energie mentali del Buddha. Da questi concetti Buddhisti potete farvi un’idea della dimensione totale dell’Universo. Pensare a quanto è insignificante il nostro mondo all’interno del Okªsa Loka (Universo dello Spazio) è semplicemente terrificante. Il Mondo Umano nella sua totalità è solo un granello di polvere nello spazio. Ora vi descriverò brevemente i trentuno piani di esistenza del nostro Sistema Mondano, che naturalmente sono gli stessi in qualsiasi altro Sistema.

Essi sono:

Arûpa Loka i Mondi Immateriali dei Brahmª
Rûpa Loka i Mondi di Materia sottile dei Brahmª
Kªma Loka i Mondi Sensuali dei Deva, degli esseri umani e degli esseri inferiori.
L’Arûpa Loka è formato da quattro mondi dei Brahmª in stato immateriale, vale a dire senza Rûpa o materia. Il Rûpa Loka è formato da sedici mondi dei Brahmª in uno stato di materia sottile. Il Kªma Loka è formato da:

a) I Sei Deva Loka (o Mondi Celesti):
i) Catumahªrªjika (Mondo dei Quattro Re Guardiani dei Punti Cardinali)
ii) Tªvatimsa (Mondo dei Trentatre)
iii) Yªma
iv) Tusita
v) Nimmªnaratï (coloro che si dilettano delle proprie creazioni)
vi) Paranimmita-vasavati (coloro che si dilettano delle creazioni altrui)

b) Il Mondo Umano
c) I Quattro Mondi Inferiori (Apªya):
i) Niraya (Inferno)
ii) Tiracchªna (Mondo animale)
iii) Peta (Mondo dei fantasmi)
iv) Asura (Mondo dei demoni)

Questi piani di esistenza sono puri o impuri, freddi o caldi, luminosi od oscuri, leggeri o pesanti, piacevoli o miseri, a seconda del tipo di energie mentali generate della Mente attraverso la volizione (cetªna) associata ad una serie di azioni, parole o pensieri. Per farvi un esempio, nel caso di un uomo religioso che diffonde per tutto l’universo amore infinito e compassione, le forze mentali da lui generate saranno pure, fresche, luminose, leggere e piacevoli, queste forze normalmente si dirigeranno verso i Mondi dei Brahmª. Prendiamo ora il caso opposto di un uomo che èinsoddisafatto o pieno di ira. Come il detto dice: Il viso riflette la mente, l’impurità, il calore, l’oscurità, la pesantezza e la bruttezza della sua mente vengono immediatamente riflesse e sono visibili anche ad occhio nudo. Questo è causato dalle energie mentali negative di Dosa (odio o ira) che si attestano nei piani di esistenza inferiori. Lo stesso accade con le forze mentali che sono prodotte da Lobha (avidità) e Moha (illusione). Nel caso di azioni meritorie come devozione, moralità e generosità, che hanno come base l’aspirazione ad un benessere futuro, le energie mentali generate si situeranno nei Mondi Celesti o in quello Umano. Questi, signore e signori, sono alcuni dei concetti Buddhisti importanti per comprendere la storia della vita del Buddha.

La preparazione per diventare un Buddha.

Il Buddha Gotama è il quarto dei cinque Buddha destinati a sorgere nel ciclo mondano che è chiamato un Bhadda Kappa che significa un ciclo mondano propizio. I suoi predecessori furono i Buddha Kakusanda, Koôªgamana e Kassapa. Ci sono stati innumerabili altri Buddha, che sorsero in cicli precedenti e che predicarono lo stesso Dhamma, che offre liberazione dalla sofferenza e dalla morte per tutti gli esseri che hanno maturato le necessarie qualità. Tutti i Buddha sono pieni di compassione, gloriosi e illuminati. Un eremita di nome Sumedha fu ispirato a tal punto dal Buddha Dïpaókara, che fece il voto di completare tutte le necessarie preparazioni per diventare un Buddha in futuro. Il Buddha Dïpaókara lo benedì e profetizzò che egli sarebbe diventato un Buddha con il nome di Gotama, dopo il passaggio di quattro periodi incalcolabili (Asaókheyya) e centomila cicli mondani (Kappa). Da quel momento, una vita dopo l’altra, il Bodhisatta (il futuro Buddha) conservò energie mentali dell’ordine più elevato attraverso la pratica delle dieci Pªramitª (o Pªramï, virtù indirizzate verso l’ottenimento della Perfezione):

(i) Dªna Pªramï virtù della carità (o generosità)
(ii) Sïla Pªramï moralità
(iii) Nekkhamma Pªramï rinuncia
(iv) Paññª Pªramï saggezza
(v) Viriya Pªramï perseveranza o sforzo
(vi) Khanti Pªramï pazienza o tolleranza
(vii) Sacca Pªramï sincerità o veracità
(viii) Adiîîhªna Pªramï determinazione
(ix) Mettª Pªramï amore incondizionato e universale
(x) Upekkhª Pªramï equanimità

Diventare un Buddha è quindi un compito estremamente difficile. Solamente pensarci richiede un’estrema forza di volontà. Il periodo di preparazione del Bodhisatta terminò con la vita del re Vessantara, che superò ogni altro essere vivente in generosità. Egli diede via il suo regno, sua moglie e i suoi figli, e tutto ciò che possedeva per mantenere il solenne voto che aveva pronunciato di fronte al Buddha Dïpaókara. La sua successiva esistenza fu nel piano celeste dei Tusita, come il glorioso Deva Setaketu, fino a quando, una volta liberatosi da questo piano, fu concepito nel ventre di Mªyª Devï, la regina moglie del re Suddhodana di Kapilavatthu, nel moderno Nepal. All’avvicinarsi del parto, la regina espresse il desiderio di partorire presso i suoi genitori. Il re Suddhodana acconsentì e la fece accompagnare da un seguito di guardie. Durante il percorso, fecero una sosta nella foresta di Lumbinï. La regina scese dal suo palanchino per gustare la fresca brezza e il profumo dei fiori di shorea. Mentre stava allungando la sua mano destra per cogliere un fiore da un albero, improvvisamente e senza preavviso diede luce ad un figlio, quello che sarebbe diventato il Buddha completamente Illuminato. Nello stesso momento, l’ordine naturale del cosmo fu sconvolto sotto molti aspetti e si verificarono trentadue meraviglie. I mondi materiali furono scossi alle fondamenta. Insolite luci si manifestarono nel sistema solare. Tutti gli esseri dei piani materiali poterono vedersi a vicenda, i muti e i sordi furono curati, si udì ovunque una musica celestiale e così via.

In quel momento, Kªladevala, l’eremita maestro del re Suddhodana, stava parlando con gli esseri celesti del mondo dei Tªvatiêsa. Kªladevala era un eremita molto famoso che, avendo raggiunto i più alti livelli di concentrazione, possedeva poteri paranormali. Avendo appreso che il re aveva avuto un figlio, mentre tutti i mondi di Rûpa e Nªma si rallegravano, egli ritornò di fretta al palazzo reale e chiese che il bambino fosse portato a lui per essere benedetto. Nel momento in cui il re stava per posare il neonato davanti al maestro, avvenne un fatto straordinario. Il bambino si levò in aria e si andò a posare sulla testa di Kªladevala, che immediatamente intuì che il neonato non era altri che il Buddha in embrione. Per questo sorrise, ma subito dopo pianse poichè aveva previsto che egli stesso non sarebbe vissuto abbastanza per udire i suoi insegnamenti e che dopo la sua morte sarebbe rinato nel mondo immateriale dei Brahmª, da dove non è possibile alcun contatto con il mondo materiale. Si rammaricò di non poter ascoltare l’insegnamento del Buddha.

Dopo cinque giorni, al bambino fu dato il nome di Siddhattha in presenza di famosi astrologi e chiromanti, che convenirono che il neonato aveva tutte le caratteristiche di un futuro Buddha. Sua madre morì una settimana dopo il parto e il bambino fu affidato alla zia materna Pajªpatï-Gotamï.

Siddhattha trascorse i suoi primi anni in un ambiente agiato, raffinato e colto. Era considerato un prodigio sia di intelletto che di forza. Il re non risparmiò nulla per rendergli la vita facile. Furono costruiti tre palazzi per le tre stagioni, pieni di tutto ciò che potesse condurre il principe ad una vita di piaceri sensuali. Questo fu perchè il re, spinto dall’amore paterno, desiderava che il figlio diventasse re piuttosto che un Buddha Illuminato. Re Suddhodana controllava costantemente che il figlio fosse in un’atmosfera tale che non gli desse la possibilità di sviluppare idee filosofiche elevate. Per fare in modo che i pensieri del principe non si volgessero in quella direzione, ordinò a tutti coloro che lo servivano o che gli si avvicinavano di non menzionare mai argomenti quali la vecchiaia, le malattie o la morte. Essi dovevano comportarsi come se nel mondo non esistesse nulla di spiacevole. Qualsiasi membro della servitù che mostrava anche il minimo segno di invecchiamento, di debolezza o di malattia veniva sostituito. Dovunque vi erano danze, musica e allegre feste per tenerlo completamente soggiogato ad una vita di piaceri sensuali.

La Grande Rinuncia

Con il passare dei mesi e degli anni, i piaceri sensuali cominciarono a diventare monotoni e a perdere il controllo sulla mente del Principe Siddhatta. Le energie mentali associate alle virtù, che il Bodhisatta aveva conservato durante le sue innumerabili vite precedenti in vista della meta finale della Liberazione, si risvegliarono automaticamente. A volte, quando il mondo dei sensi perdeva il controllo sulla sua mente, il suo sè interiore si faceva largo e conduceva la mente ad uno stato di purezza e tranquillità, con una forza di concentrazione (Samªdhi) simile a quella che da bambino l’aveva sollevato sopra la testa di Kªladevala. Cominciò una guerra di nervi. La cosa più importante per lui era trovare una via d’uscita dalla sensualità e dal desiderio. Voleva sapere cosa esisteva al di là delle mura del palazzo, perchè non era mai uscito nemmeno una volta. Voleva vedere la natura come realmente è e non come l’uomo l’ha modificata, per cui decise di visitare il parco reale, che si trovava fuori dalle mura del palazzo. Nonostante le precauzioni che il re aveva preso per eliminare qualsiasi vista spiacevole dalle strade, durante la sua prima uscita incontrò un vecchio piegato dagli anni. La volta successiva vide una persona sofferente a causa di una malattia terminale. In seguito vide il cadavere di un uomo. Durante la sua ultima uscita incontrò un monaco. Questi incontri condussero la sua mente verso pensieri molto profondi e il suo atteggiamento mentale cambiò radicalmente. La sua mente si liberò delle impurità e si sintonizzò con le forze mentali delle sue virtù conservate nel Saókhªra Loka (il piano delle energie mentali). A quel punto la sua mente si era liberata da tutti gli impedimenti, era tranquilla, pura e potente. Tutto questo accadde la notte che sua moglie partorì un figlio, un nuovo vincolo che lo legava (alla sua vita presente). In quel momento, comunque, egli era immune da qualsiasi cosa che potesse disturbare l’equilibrio della sua mente. Le virtù (accumulate) di determinazione lo portarono alla irremovibile decisione di cercare una via di uscita dal ciclo di nascita, vecchiaia, sofferenza e morte. Chiese al suo servitore Channa di preparare il suo cavallo Khanthaka. Dopo un ultimo sguardo verso sua moglie e il figlio neonato, il Principe Siddhatta ruppe tutti i legami con la famiglia e il mondo e fece la Grande Rinuncia. Cavalcò attraverso la città e guadò il fiume Anomª, per non ritornare se non quando avesse compiuto la sua missione.

La ricerca della verità

Dopo la Grande Rinuncia, il principe Siddhattha con l’abito dell’asceta itinerante e la ciotola per le offerte, andò in cerca di un maestro. Si affidò alla guida spirituale di due famosi maestri, i brahmini Ålªra e Uddaka. Ålªra dava molta importanza alla fede nell’atman (anima) e insegnava che l’anima raggiungeva la liberazione perfetta una volta superate le limitazioni materiali. Questo non convinse il principe. Andò allora da Uddaka, che dava troppa importanza agli effetti del Kamma (atti di volizione) e alla trasmigrazione dell’anima. Nessuno dei due riusciva a superare il concetto di anima e il principe asceta intuiva che c’era qualcosa d’altro da imparare. Li lasciò entrambi per proseguire da solo la ricerca della liberazione. Naturalmente a quel punto egli aveva già imparato gli otto Samªpatti (alti stati di concentrazione) ed aveva imparato ad esercitare tutti i poteri paranormali, che includevano la capacità di conoscere gli avvenimenti di molti cicli mondani del passato e del futuro. Questi poteri appartenevano al campo mondano e non interessavano particolarmente il principe, la cui ambizione era quella di sfuggire a questo campo mondano che porta nascita, sofferenza e morte. Fu raggiunto più tardi da altri cinque asceti, uno dei quali, di nome Koô?añña, era l’astrologo-chiromante che aveva previsto, dopo cinque giorni dalla sua nascita, che il principe sarebbe diventato sicuramente un Buddha. Questo gruppo di asceti lo servì durante tutti i sei anni in cui si impegnò in digiuni e meditazione, sottoponendosi a vari regimi di dura austerità e disciplina, fino a ridursi praticamente ad uno scheletro. Un giorno infatti svenne a causa della sua debolezza. Dopo essersi rimesso, cambiò il suo metodo, seguì una via di mezzo meno austera e si rese conto che la strada verso l’Illuminazione era più chiara.

Il Raggiungimento dell’Illuminazione

Fu alla vigilia del giorno di Vesªkha, (la luna piena del mese di Kason secondo il calendario birmano) 2540 anni fa (nel 1951), che il principe Siddhatta, l’asceta itinerante, si sedette a gambe incrociate sotto l’albero del Bodhi sulla riva del fiume Neranjarª, nella foresta di Uruvelª (vicino all’odierna Bodh Gaya), con la più ferma determinazione di non muoversi da quella posizione per nessun motivo, fino a quando non avesse ottenuto la Verità e l’Illuminazione, lo stato di Buddha, anche se questo poteva significare la perdita della sua vita. Il grande evento si stava avvicinando. Il principe asceta fece ricorso a tutta la sua energia mentale, per raggiungere quella perfetta concentrazione mentale che è così essenziale per la scoperta della Verità. Questa volta il principe incontrò maggiore difficoltà nel mantenere l’equilibrio della sua mente. Non vi erano solamente le energie dei Piani Inferiori, combinate con quelle dei Piani Superiori, ma anche interferenze abbastanza forti da far vacillare di tanto in tanto l’equilibrio della sua mente. Insolita fu la resistenza di masse di forze impenetrabili contro la radiazione luminosa che egli di solito otteneva, e forse questo accadde perchè questo era il suo tentativo finale per raggiungere l’Illuminazione di un Buddha, e Mªra, il controllore supremo delle forze del male, era in agguato dietro le quinte. Il principe riuscì ad aprirsi la strada, lentamente ma inesorabilmente, aiutato dalle energie mentali delle (sue) virtù, che inevitabilmente ritornarono a lui nel momento opportuno. Egli fece un voto e, rivolgendosi a tutti i Brahmª e Deva, che erano stati testimoni al compimento delle sue dieci Perfezioni (Pªramï), chiese loro di unirsi a lui nella lotta per la vittoria. Dopo che ebbe fatto ciò, l’associazione con le forze pure trascendentali dei Brahmª e dei Deva ottenne un effetto positivo. Quelle spesse masse di forze, che fino ad un certo momento erano sembrate impenetrabili, furono indebolite e vennero spazzate via completamente con il progressivo perfezionamento del controllo della mente. Una volta che tutti questi ostacoli furono superati, il principe fu in grado di elevare il suo potere di concentrazione e di guidare la mente ad uno stato di completa purezza, tranquilllità ed equanimità. Gradualmente la coscienza della pura visione si impossessò di lui. La soluzione ai problemi vitali, che aveva affrontato fino a quel punto senza successo, si manifestò alla sua coscienza come un’ispirazione. Attraverso un processo di meditazione introspettiva sulle realtà della natura all’interno di se stesso, gli apparve chiaro che, al contrario delle apparenze, non c’è alcuna sostanzialità nel corpo umano, ma che esso non è altro che la somma di un numero incalcolabile di kalªpa, ognuno dei quali è la 46656ma parte di una particella di polvere sollevata dalla ruota di un carro in estate. Continuando la sua investigazione, egli capì che questi kalªpa sono anch’essi materia in uno stato di continuo flusso o cambiamento. E che lo stesso vale per la mente, che è la rappresentazione delle forze mentali creative che escono e delle forze mentali create che entrano costantemente nel sistema di ogni individuo in un flusso eterno.

A quel punto il Buddha proclamò che, una volta superate tutte le false percezioni di sostanzialità all’interno di se stesso, si era aperto in lui l’Occhio della Saggezza. Attraverso la lente della concentrazione aveva visto questi kalªpa, a cui aveva successivamente applicato la legge dell’Impermanenza, arrivando a realizzare che essi non avevano alcuna entità al di fuori del processo di costante mutamento. Egli superò ciò che in Buddhismo è detto Paññatti (idea o concetto) ed arrivò ad uno stato di Paramattha, comprendendo completamente la natura delle forze, o in altre parole, la Realtà Ultima.

Di conseguenza egli arrivò a comprendere il costante mutamento di mente e materia all’interno di se stesso (Anicca) e quindi come conseguenza (comprese) la Verità della Sofferenza (Dukkha). Fu allora che il suo ego-centrismo fu annientato ed egli raggiunse uno stadio che è al di là della sofferenza (Dukkha Nirodha), non essendo rimasta alcuna traccia di Attª, attaccamento al Sè. Mente e materia non erano per lui che vuoti fenomeni che continuano in eterno, soggetti alla Legge di Causa ed Effetto e alla Legge della Genesi Condizionata. Aveva raggiunto la Verità Ultima. Le qualità inerenti al Buddha in embrione si svilupparono ed egli divenne completamente Illuminato all’alba del giorno di Vesªkha. Il Principe Siddhattha arrivò al Sammª-Sambodhi, la Suprema Illuminazione e divenne il Buddha, il Risvegliato, l’Illuminato, l’Onnisciente. Egli era risvegliato in modo tale che tutti gli altri al suo confronto parevano immersi in un sonno profondo. Egli era illuminato in modo tale che tutti gli altri al suo confronto, parevano brancolare nel buio senza direzione. Egli aveva compreso (la realtà di tutte le cose) in modo tale che tutti gli altri parevano al suo confronto immersi in totale ignoranza. Signore e signori, mi avete dedicato fin troppo tempo oggi. Vi ringrazio per avermi ascoltato pazientemente. Vorrei ringraziare anche il clero di questa chiesa che mi ha gentilmente permesso questo incontro.

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