Edoardo Parisi

Durante la mia vita lavorativa come ingegnere, mi sono dedicato contemporaneamente a un intenso lavoro su me stesso, acquisendo vari diplomi di “Counseling psicologico”.

La mia idea iniziale era quella di utilizzare queste competenze a mio uso esclusivo, diventando il “terapeuta” di me stesso.  Nei fatti però,  una volta  andato in pensione nel 2002, ho poi esercitato attivamente il counseling a indirizzo “gestaltico” permeandolo del magnifico metodo di “ascolto profondo” di sé stessi e degli altri chiamato “Focusing”  di cui sono Trainer autorizzato.

Dopo un decennale apprendistato, dal 2003 insegno attivamente Vipassana, aderendo alle indicazioni ricevute dal mio maestro John Colemana sua volta autorizzato e spinto ad insegnare dal maestro birmano  laico Sayagyi U Ba Kin anch’egli autorizzato a farlo dal monaco “illuminato” Webu Sayadaw e così via all’indietro nel tempo.

Non si tratta quindi di auto-improvvisazione ma di un proseguimento nella diffusione del Dhamma all’interno di un lignaggio preciso nella antica tradizione che parte dal Buddha stesso.

Tuttavia, i diversi insegnanti hanno (e non meravigliamoci) la loro visione più o meno evoluta da cui guardano al mondo e si rapportano ad alla realtà.

Questo punto di vista è loro personale e dipende dal suo livello evolutivo che può essere ancora allo stadio narcisistico, o in quello della identificazione col gruppo di appartenenza (famiglia, nazione, club calcistico, …), o allo stadio transpersonale, o molto più raramente allo stadio della visione non duale.

Inoltre, ogni livello di crescita psicologica e spirituale ha le sue patologie ed i suoi tranelli e bisognerebbe esserene consapevoli e competenti, per se stessi e per gli altri.  

Benché Vipassana sia efficace, profonda e vada alla radice di ogni problema fisico o mentale, tuttavia, persone con traumi o disturbi mentali invalidanti, potrebbero non essere in grado di reggerla da subito e dovrebbero prima rafforzarsi dove ne hanno bisogno.

A volte, tuttavia, ci sono maestri o insegnanti che non distinguono ciò che è di ordine psicologico da ciò che è di ordine spirituale, ne fanno un groviglio e così spingono i loro allievi a pratiche a loro non ancora adatte che potrebbero attivare proprio ciò che crea il disagio, qualunque sia il suo ordine di coscienza.

Ogni stomaco ha il suo cibo e non si da cibo solido ad un neonato. Vero?

Per questo motivo ho trovato utile, per me stesso e per le persone che ho guidato nella meditazione in modo autonomo dal 2003, attivare la mia percezione psicologica in una direzione a 360° in modo da garantirmi il più possibile di non usare la Meditazione come via di fuga o come strumento involontario di radicamento delle possibili patologie.

Edoardo Parisi, 13/5/2020