Equanimità non è indifferenza.
È piena capacità di contatto con la realtà, senza reattività.
E’ assenza di preconcetti, pregiudizi, proiezioni.
E’ piena capacità di soffrire quando si soffre, senza fuggire e creare congestioni energetiche.
E’ piena capacita di godere quando si gode, senza avere aspettative di durevolezza del godimento.
E’ capacità di stare nel presente senza proiettarsi nel futuro o nel passato.
E’ un perfetto sentire ciò che si sente, avendo un circuito neuronale che permette il passaggio delle emozioni come corrente a 1000 ampere invece che a 0,5, come di solito avviene, ed il filo non si surriscalda.
E’ partecipazione senza attaccamenti e senza avversioni in piena accettazione della realtà.
Non significa non sentire desideri, ma significa sentirli e contemporaneamente sentire, al livello microscopico sottostante, la loro realtà costitutiva di Anicca, il fluire vitale.
Non confondiamo i livelli. Su un livello desideriamo con intensità e su un altro livello vediamo la realtà di base di Mente e Materia. Il quadro dei 2 livelli insieme è stupefacente.
Altro non so dire, se non che va sperimentato.
Io sono scarsamente equanime ma ho assaggiata talvolta, in certe meditazioni per me quasi eroiche, l’equanimità e poi la ho persa ma non dimenticata. Per questo oso parlarne ,con prudenza.
Se uno parla di indifferenza e di distacco emotivo come se fosse un non sentire nulla, forse parla della sua morte emotiva non della equanimità di un Buddha che invece è pieno di compassione e sensibilità.