Secondo la prima nobile verità del Buddha la vita è sofferenza e fa parte imprescindibile del nostro stesso essere costitutivo di corpo e mente.
Questa verità è spaventosa e spaventevole e ci domandiamo se non sia troppo pessimistica o forse addirittura prodotto di una mente malata o masochistica.
Spesso molti vanno in crisi e si dissociano da questo enunciato trovandolo ripugnante ritenendo che è normale, evidente, naturale e sano voler essere felici. Anzi, vedere il bello delle situazioni e assaporare ciò che da gioia è, per le persone più evolute, un atteggiamento da coltivare con disciplina perché si è capito quanto nociva e di bassa consapevolezza sia la cattiva abitudine al lamento e a dare attenzione al lato peggiore delle situazioni.
Che cosa intende il Buddha affermando che la vita è sofferenza? Egli parlava dal punto di vista della Visione Profonda e non in termini convenzionali della normale sanità e igiene mentale.
I due punti di vista sono entrambi importanti e validi, e non sono fra loro in contraddizione ma appartengono a piani di realtà diversi. E’ bene fare questa precisazione perché si tratta di temi fondamentali per la nostra vita. Ma è importante anche premettere che la comprensione vera può arrivare solo su una base esperienziale alla luce della Visione Profonda (Vipassana) che espone alla consapevolezza sia la sofferenza sia la causa sia la fine sia il sentiero da percorrere. Le 4 nobili verità vanno prese tutte insieme e non isolatamente in quanto prendono luce l’una dall’altra.
La prima nobile verità è una constatazione di realtà. Essa deriva dalla Visione Profonda della vita vissuta nell’ignoranza. Non dice che la sofferenza è un destino ineluttabile e che non dobbiamo ricercare la felicità. Essa viene chiamata nobile perché ha in se stessa gli elementi del riscatto.
La seconda nobile Verità rivela che la sofferenza deriva dall’accumulo energetico causato dai nostri impulsi volitivi reattivi (Sankhara) al piacere o al dispiacere o al “ne piacevole ne spiacevole” delle nostre sensazioni. La vita si manifesta alla nostra consapevolezza normale sotto forma di sensazioni fisiche e mentali in continuo scorrimento (un fiume di vita), su cui non abbiamo possibilità di controllo o di governo. Essa prende il suo combustibile da questi accumuli di energia. E’ qualcosa che non si può che subire, essendo la legge del karma, suprema e ineluttabile.
Quando, in mancanza di Visione Profonda, ci attacchiamo a queste sensazioni che di per se sarebbero scorrevoli (Anicca), da un punto di vista energetico la nostra vita diventa più densa e questa densità energetica la sperimentiamo come sofferenza fisica e mentale
La terza nobile verità sostiene che la sofferenza (densità energetica) è in se stessa un fatto dissipativo di cui si può sperimentare il suo terminare di attimo in attimo.
La visione profonda ci fa percepire direttamente che:
- il sankhara o impulso vitale, appena nasce è già defluito, cioè la vita è un flusso inconsistente
- La sofferenza non ha esistenza in se stessa, ma è illusoriamente percepita come solida e reale attraverso i nostri continui processi mentali che legano insieme passato, presente e futuro.
- Una capacità percettiva (Samadhi) adeguatamente sviluppata ci permette di non creare altro Sankhara perché percependolo nel suo formarsi possiamo lasciare che si dissipi.
- Quello che rimane è gioia e leggerezza naturale, destino naturale del potenziale umano, senso del proprio potere personale, gioia della relazione e del servizio agli altri.
Come diceva Coleman,
I saggi sono liberi dalla sofferenza
Essi soffrono la loro sofferenza
Per questo i saggi sono liberati dalla sofferenza.
E’ un po’ come fare del surf su piccole o grandi onde di sensazioni o emozioni, a volte anche destabilizzanti, ma esse non ci inghiottono più e allora si prova solo l’ebbrezza del vivere nell’istante presente in libertà e gioia vera.
Maroggia, 3 Agosto 2014 , Ritiro Vipassana di 10 gg
Edoardo Parisi