Cari amici nel Dhamma,
Un ritiro Vipassana segue scrupolosamente l’ottuplice nobile sentiero (la via della liberazione dalla sofferenza) che il Buddha stesso percorse per “illuminarsi” e che ripropose per amore ai sui discepoli più intimi.
Lo scopo di un corso di Vipassana è quello di uscire dal campo della nostra sofferenza acquisendo saggezza, non quella fatta di cognizioni e interpretazioni, ma quella profonda che scaturisce dal silenzio del proprio essere.
Nel ritiro si ha la possibilità di scoprire davvero che la nostra sofferenza è per lo più autoindotta dalle nostre idee, interpretazioni, abitudini e resistenze alla vita.
La sofferenza è il dolore emozionale o fisico che possiamo naturalmente provare, moltiplicato però molte e molte volte dal nostro rifiuto e resistenza ad attraversarlo, così che esso può diventare sopraffacente e insostenibile, a volte drammaticamente addirittura fino al suicidio.
Questa verità per essere trasformante, non va compresa con il solo intelletto ma va sperimentata nella nostra stessa carne, perché le parole danno per lo più luogo a dibattiti infiniti e inconclusivi.
In un ritiro, la sofferenza psicologica tende a trasformarsi in semplice dolore, e contestualmente vengono esaltate le doti di sensibilità umana, compassione, gioia per la gioia degli altri, e capacità di guardare in faccia la realtà senza esserne sopraffatti.
Ma come ottenere saggezza? Attraverso la sperimentazione diretta e la conseguente vera comprensione del processo della vita, fatta del nostro sentire, percepire coi sensi e pensare, attimo dopo attimo, contrariamente a quanto facciamo di solito, quando siamo in un contatto con la vita solo attraverso la mediazione della nostra rappresentazione di essa, attraverso le nostre credenze, opinioni e griglie interpretative dei fenomeni esperienziali.
Questa esplorazione avviene, per ciascuno di noi, applicando una mente molto acuta e tranquilla all’esperienza che si fa durante il processo meditativo, portando cioè la nostra attenzione alle sensazioni, percezioni e attività mentali che avvengono durante le sedute guidate e non.
la mente tranquilla e potente che sviluppiamo piano piano nel corso del ritiro, è la “mente del Samadhi” o “concentrazione istantanea” capace cioè di “contemplare” ovvero essere presente durante le sedute di pratica, alla corrente dei fenomeni emergenti nell’esperienza dell’istante, distinguendoli da tutta l’attività mentale che li ingloba, li distorce e li perpetua, creando di essi una immagine o rappresentazione stabile e continua, dove percezione diretta e immagine rappresentativa si confondono, mentre stabili e continui non sono e sono anche facilmente distinguibili.
In realtà i fenomeni della nostra esperienza sono in continuo cambiamento (“Anicca”) e tenderebbero a disgregarsi e rinnovarsi ogni istante in qualcosa di nuovo e diverso se noi non li consolidassimo di attimo in attimo con i nostri costrutti mentali interpretativi (che abbiamo peraltro faticosamente e naturalmente elaborato per dare stabilità al mondo percepito).
L’esperienza di Vipassana è semplice e naturale, ma non per questo facile, perché i nostri schemi comportamentali la fanno da padroni e bisogna quindi armarsi di pazienza e rimanere aperti a percepire il benessere indotto dal processo di consapevolezza invece che l’auto-lamentazione per la purificazione in atto.
Ora, fare una esperienza introspettiva molto profonda e intima come Vipassana, richiede un ambiente sicuro e protetto in modo da potersi dedicare ad essa senza distrazioni o allarmi, e all’inizio del ritiro si prendono dei voti di non nuocere a nessuno né con parole, né con atti o pensieri coltivati e ci si fonda su una solida base di moralità condivisa.
Quando la sete di verità è forte, la moralità diventa naturalmente alta e quando questo avviene, il potere della concentrazione si acuisce in modo naturale ed energetico senza tensioni e viene usato per contemplare ed esplorare la realtà di mente e materia (cioè di cosa loro sono fatte e di chi noi siamo veramente).
Di qui nasce la saggezza con la conseguente liberazione dalla sofferenza.
Vi invito cari amici a partecipare al prossimo ritiro di Vipassana in modo da dare insieme un’occhiata esperienziale e anche intellettuale (in modo da liberare energie interpretative congestionate, congestionanti e restrittive per la trasformazione), a cosa vuol dire sentirsi liberi, connessi col profondo di noi stessi e capaci di accedere al campo della felicità intrinseca all’essere consapevoli.