Newsletter 2020 giugno

Cari amici nel Dhamma,

è fondamentale comprendere che “la sofferenza” qualunque essa sia, deriva da un disallineamento del nostro comprendere, e quindi comportarci, rispetto alla verità della vita.

La sofferenza è solo un avvertimento, avvertito internamente come disagio, dolore e anche depressione, che qualcosa che ancora non comprendiamo deve essere compreso e ciò non per nostra colpa o inettitudine. Infatti, al 90% le nostre idee su cosa siamo noi o il mondo e quindi le nostre relazioni, sono il risultato di un profondo condizionamento culturale assorbito lentamente e inesorabilmente dalla più tenera età.

Va compreso esperienzialmente che noi non siamo la massa di attributi con la quale ci identifichiamo (sesso, professione, aspetto fisico, età, ricchezza, ruolo sociale, possessi, intelligenza e cultura,…). Ognuno di noi sa intimamente che il proprio intimo senso di “io” è da sempre invariato mentre gli attributi di cui sopra sono in continuo cambiamento.

Va compreso esperienzialmente anche che il mondo che vediamo, sentiamo con l’udito, odoriamo, sentiamo col tatto, gustiamo e pensiamo è conosciuto coi sensi e con la mente e che quindi quello che sperimentiamo sono un magma di “percezioni” + i nomi e le idee che ci hanno insegnato da piccoli per dare una forma al magma percettivo stesso.
In altre parole, va compreso e vissuto in prima persona che per conoscere il mondo e la realtà, fra cui anche quella religiosa e divina, è importante che noi si conosca la natura “essenziale” di noi stessi. Noi siamo parte integrante del processo del conoscere, sia con la nostra fisiologia che con le nostre idee del momento, condizionate o meno.
Questa comprensione ormai è un pilastro anche della fisica quantica nel suo studio della materia e tuttavia, ancora dopo tantissimi anni di ricerche, non si è trovata una materia oggettiva nella sua struttura microscopica e fondamentale.

Soprattutto va compreso esperienzialmente e quindi vissuto in prima persona, che la felicità è l’unica cosa che veramente cerchiamo in ogni modo, quella definitiva e permanente. Tutti la cerchiamo perché noi siamo la felicità che sentiamo e quindi è la sua presenza nascosta che ci chiama a sé.
La felicità vera non può essere trovata in nessun oggetto, relazione, sentimento, emozione o sensazione ma è già qui come attributo intrinseco al nostro stesso ESSERE.
La felicità tanto agognata da tutti noi sette miliardi e mezzo di individui è già qui, nascosta dalla lucentezza delle percezioni e dei pensieri per lo più inconsciamente assunti ed errati, così come le stelle sono nascoste di giorno dal sole.

Con passione,

Edoardo