Newsletter 2020 marzo

Carissimi,
dove carissimi significa fratelli, compagni di viaggio verso Casa, la casa del nostro essere più profondo, quello che ci è nascosto per lo più e ai più, quello che cerchiamo di rivelare alla nostra consapevolezza attraverso la nostra ricerca, qualunque sia la strada che percorriamo.
Quando penso a voi, al percorso fatto insieme a voi, mi si apre il cuore e sento un enorme grazie per avervi incontrato, per il fatto che voi mi permettete di svolgere il mio ruolo di insegnante, costringendomi, per così dire, a essere attento alla fonte dentro di me, a essere il più possibile autentico, a espormi nonostante che a volte vorrei rimanere “comodamente” nascosto.
Per questo, inizio questa e-mail con l’appellativo “carissimi”, è  una parola che simboleggia veramente quello che sento.

Dunque, noi siamo in un percorso di Dhamma e Dhamma significa Verità. Ma “Verità” cosa significa? Forse un mucchietto di concetti filosoficamente attraenti o convincenti?
No.
Verità significa “ciò che è”, l’insieme sia dei fenomeni che sperimentiamo che di ciò che è antecedente il loro manifestarsi, “il trascendente” da cui essi originano e da cui noi originiamo.
Dhamma quindi è l’insieme dei fenomeni che appaiono alla nostra coscienza, è l’insieme dei contenuti di cui siamo conoscitori, siano essi sensazioni fisiche, emozioni, percezioni sensoriali come i colori o suoni, o concettuali come i pensieri.

Quando si percorre il sentiero del Dhamma, si percorre il sentiero che ci porta ad accogliere, nel nostro conoscerli, tutti i fenomeni (anche quelli che non ci piacciono) e ad aprirci al “trascendente” da cui i fenomeni originano.

La prima cosa che viene richiesta nella nostra pratica di Vipassana è quella di essere semplicemente presenti a ciò che accade nel presente, nel “qui” di “adesso”.
Per aiutarci in questo radicamento, viene indicato come oggetto di attenzione il punto di contatto alla base del naso per sentire il tocco del respiro, quello di adesso, adesso, ora e adesso, senza negare ciò che appare come disturbo alla nostra attenzione, senza volere essere diversi nel nostro funzionamento, da come stiamo effettivamente funzionando.
Semplicemente si ritorna, senza biasimo, senza lode, ci si rilassa e ci si permette di staccarsi per un po’ “dall’esterno” che ci cattura nei suoi vortici allettanti e ci estrania da noi stessi.

Il secondo passo è quello di esaminare le nostre percezioni sensoriali tattili nel corpo, e a volte anche quelle di altri organi senso e poi anche le sensazioni più sottili dette “forme pensiero”.
Ma cosa vuol dire “Forme”?
Forme della coscienza e nella coscienza. La coscienza si declina nella forma di pensieri, sensazioni, percezioni dei sensi.

Qui siamo pienamente nella tecnica di Vipassana che significa Visione Profonda.
Visione profonda di che?
Visone sperimentale che ogni fenomeno è in mutamento, è una nuvola che si sta sciogliendo proprio ora, adesso, è ANICCA.
Visione sperimentale e sperimentata che ogni fenomeno appare e scompare “alla e dalla” coscienza. Magari non ce ne accorgiamo, ma ogni fenomeno, se da una parte rivela la propria inconsistenza, quando è guardato da vicino con gli occhi equanimi non interessati ad attaccamento o avversione, dall’altra rivela contemporaneamente il supporto continuo e trasparente su cui i fenomeni appaiono e la sostanza di cui sono fatti.
Infatti, se si hanno gli occhio per vedere, si può dire che i vari fenomeni sono solo fluttuazioni -vacue di sostanza- di quella cosa che chiamiamo “Coscienza” con cui siamo sempre assolutamente intimi e che tuttavia non vediamo direttamente come se fosse un normale oggetto dei sensi.
Alla fin fine questa è la visione profonda che si apre in noi, e cioè che in fin dei conti conosciamo solo il fluttuare del nostro conoscere.

Quando arrivano “crisi” come questa del corona virus può accadere che alcune persone siano costrette, loro malgrado, ad andare in crisi, e a provare la “paura esistenziale” che ogni essere umano prova dentro di sé e che non vuole provare per il dolore che comporta (la prima nobile verità della sofferenza) e sembra che questa volta proprio questo stia succedendo, stia per accadere per la prima volta su scala globale.

Cosa vuole dire “crisi” e di che cosa si ha paura?
Crisi è il vedere vacillare gli appigli a cui ci si tiene aggrappati (soldi, affetti, concetti, abitudini, riti, credenze, paradigmi scientifici, filosofici, economici didattici, il senso di sé, delle proprie relazioni, etc.). Non si è più sicuri che tutte queste costruzioni umane siano un valido rifugio in cui rimanere immuni dalle catastrofi che stanno accadendo e si comincia ad avere paura. Qualcuno può avere panico e disperazione.

E qualcuno può persino cominciare a farsi delle domande e a cercare un vero rifugio, posto che un rifugio ci sia.
Ma non può trovarlo nel mondo fenomenico.
Una delle scoperte che si fa attraverso Vipassana o Visione Profonda è che nel mondo delle “cose” tutto è incerto, incontrollabile, ingovernabile. Mi ricordo che il mio maestro John Coleman lo diceva spesso: “All is uncertain, uncontrollable, ungovernable, vacuous”.
Allora a volte a qualcuno viene il guizzo intuitivo o “grazia” di scoprire che il rifugio non è nel mondo fenomenico ma nel profondo di sé stessi, la dove i fenomeni appaiono, nel nostro stesso conoscere, in quella cosa che chiamiamo “io” quando diciamo per es. “io faccio.., io dico.., io sento,…, .” E lo capisce sperimentalmente, era tutto nascosto e di un tratto appare evidente.

Appare evidente che ogni esperienza è in sé stessa vacua e nello stesso tempo è fatta di noi stessi perché appare in noi stessi ed è fatta di noi stessi.
Quando si sperimenta l’intimità (dentro la nostra consapevolezza qui e ora) fra noi e il nostro contenuto sperimentato, sparisce allora da noi il senso di estraniazione o di dissociazione dalle esperienze paurose e non piacevoli e sorge invece un senso di intimità, di amore, di connessione attraverso cui guardiamo alle cose che appaiono.
Il cuore si scalda e siamo in grado di fare tutto quello che è necessario fare nella situazione di crisi per volgerla a nostro favore.

Possiamo anche essere tristi, doloranti, depressi, ma quella intimità che abbiamo con la nostra stessa esperienza rimane una luce che dissipa le tenebre delle apparenze.

Questo è il modo che oggi trovo per descrivere il processo di Vipassana alla luce del corona virus.
Invece di essere persi nella mente e nelle emozioni, proviamo ad un usare questo tempo in cui stiamo in casa ad entrare veramente nella nostra “vera casa”, nel profondo della nostra esperienza, utilizzando questo potente strumento chiamato Vipassana.
Vipassana in sé è solo una zattera per navigare il fiume, non è nulla in sé stessa, ma finché ci serve teniamocela molto cara e usiamola, perché ne sono sicuro, se ben spiegata e guidata è un vero tesoro.

Un grande abbraccio a voi tutti.
Con passione,
Edoardo